La SEO è un argomento trito e ritrito (se sei stanco delle definizioni alla wikipedia e vuoi sbizzarrirti un po’ con la pratica, leggi qua), tutti cercano di ottimizzare i propri contenuti, ma ormai è necessario pensare e andare al di là della SEO, e la SXO - Search Experience Optimization - fa proprio al caso nostro, ma facciamo un passo indietro.
Sicuramente “content is king!”, creare contenuti interessanti è importante, costruire un sito di qualità lo è altrettanto, ma cosa sono i contenuti interessanti? E cosa si intende per qualità? La qualità non esiste se non si tiene in considerazione l’aspettativa dell’utente, del tuo utente! Ma anche se il tuo testo è scritto super bene (per la serie l’Accademia della Crusca ti fa un baffo!) se il contenuto che hai realizzato non appaga le aspettative dell’utente allora non serve. Un contenuto considerato fantastico, anche e soprattutto nel contesto della ricerca, significa andare oltre la SEO e arrivare verso orizzonti nuovi (quelli dell’ottimizzazione dell’esperienza) la cosiddetta SXO (che non è una brutta parola) e che significa Search Experience Optimization.
L’esperienza inizia su Google e finisce su Google
La storia inizia nel lontano 1996, The Anatomy of a Large-Scale Hypertextual Web Search Engine lo hai mai letto o ne hai mai sentito parlare? Si tratta della pubblicazione di un documento accademico scritto da Sergey Brin e Lawrence Page per il Dipartimento di Informatica dell’Università di Stanford nel 1996. Brin e Page si sono presentati con “Google” (proprio lui!), prototipo di un motore di ricerca che utilizza una struttura ipertestuale per restituire i risultati. È progettato per eseguire la scansione e l’indicizzazione del Web in modo tale da produrre dei risultati di ricerca più soddisfacenti rispetto ai sistemi esistenti. Si tratta di un documento stampato, ma anche disponibile sul web (ovviamente Brin e Page hanno ottimizzato il loro documento di ricerca - dal titolo The anatomy of a large-scale hypertextual Web search engine - sui motori di ricerca per “World Wide Web, Search Engines, Information Retrieval, PageRank, [and] Google”). Nel corso del tempo il loro progetto iniziale è diventato realtà fino ad arrivare ad oggi. Se si pensa all’algoritmo predictive che sfrutta i big data, l’AI e il machine learning che restituiscono con esattezza il risultato desiderato, la previsione sembrerebbe inquietante, ma assolutamente reale (questo algoritmo predictive si evolve dinamicamente in base alle centinaia di milioni di query).
Google è il luogo dove la magia prende forma, ma è la SEO che può essere considerata la bacchetta magica che permette al nostro sito di scalare la SERP nella ricerca. Per farla semplice si tratta sempre di migliorare la qualità e l’efficienza della ricerca (rispetto a ciò che offre la concorrenza). Le parole chiave di una query vengono cercate all’interno di un sito e indicizzate, poi le pagine del suddetto sito vengono classificate in base al numero di corrispondenze delle parole chiave del documento. Il documento che ha un numero maggiore di riscontri, sempre per farla semplice, vince.
LA SXO senza SEO non esisterebbe, ovviamente, come ho già scritto, tutto parte dall’analisi e dallo studio di un certo sito web al fine di migliorarne il posizionamento organico sui motori di ricerca quali Google (ma non dimentichiamo Bing). La SEO è un universo che si (digi)evolve costantemente, quindi è necessario allo stesso tempo studiare il proprio pubblico, pensare come penserebbe l’utente, conoscere i propri obiettivi, decidere la strategia d’azione e soprattutto fare dei tentativi.
Torniamo alla qualità: sito di qualità, con interfaccia user friendly, contenuti originali e che siano utili all’utente e pertinenti con quello che è il tuo campo d’azione sono le basi fondamentali per raggiungere qualcosa di nuovo che permetta all'utente di godere maggiormente delle proprie ricerche (motori di ricerca assegnano dei punteggi di pertinenza semantica). Come? Tenendo in considerazione le sue aspettative e ottimizzando la sua esperienza.
La SEO è una linea di lavoro in cui gli analyst e specialist dei motori di ricerca cercano di soddisfare le “divinità dei motori di ricerca” attraverso keyword, tag title, metadati, structured data, URL user friendly, mobile friendly, pagespeed, architettura del sito (UX e UI), backlink, le parole chiave a coda lunga… Anche il WYSIWYG (What You See Is What You Get) ha il suo ruolo nella fruizione dell’esperienza dell’utente in lettura (semplificando è la trasposizione tipografica di una pagina di un libro in digitale). Si tratta di un impegno a lungo termine che, se gli dedichi amore e attenzione, è in grado di ripagarti. Come, ti starai chiedendo? Generando più traffico di qualità!
Il cambiamento dei motori di ricerca parte dal presupposto che non ci si limita più all’azione del cercare una keyword e restituire un risultato, ma si va più in profondità cercando di interpretare quella che è l’intenzione “nascosta” dietro la query che l’utente digita. Tutto questo è possibile anche attraverso la ricerca semantica, ma, come ti dicevo prima, il concetto è decisamente più complicato! Se ti va ti approfondire l’argomento leggi qui.
La stessa query è formulata in modo completamente diverso perché le ricerche scritte comportano una riflessione più attenta e (quello che io chiamo) il “potere della sintesi!”, invece le ricerche vocali sono spesso un lungo monologo (un po’ come i messaggi vocali di whatsapp che tutti odiamo). Di conseguenza il motore di ricerca non fa differenza tra query formulate in modo diverso, purché abbiano lo stesso obiettivo.
Ma Google come misura la qualità?
Ci sono alcune metriche che Google utilizza per misurare la qualità dei suoi risultati di ricerca, in pratica si tratta di analizzare i comportamenti dei click. Non è sicuro che questi parametri influenzino in qualche modo la SERP, ma nonostante ciò, sono comunque strumenti che Google usa per valutare quali modifiche apportare al proprio algoritmo.
Short click: si tratta di un click breve e rappresenta il rapido passaggio da un sito web a Google. Questi click non sono mai considerati positivi perché significa che l’utente non si è trattenuto nemmeno per un istante sul tuo sito.
Long click: quanto tempo trascorre dal click sul tuo sito al ritorno su Google? Ecco, questo è il “long click”. Ovviamente più tempo si trascorre sul tuo sito, meglio è!
Pogosticking: è un po’ come giocare a flipper, non è altro che rimbalzare da una ricerca all’altra versione maniaco compulsivo.
Click-through rate: questo è il rapporto tra il numero delle visualizzazioni e il numero di click.
Next click: è quando un utente, dopo la partita a flipper (pogosticking), ritorna alla lista dei risultati oppure effettua una nuova ricerca.
Next search: lo step successivo? Cercare ancora!
L’arduo lavoro di cui ti ho parlato prima (parole chiave, tag title, metadati ecc.) è sempre molto importante, ma è la strategia alle loro spalle che si è evoluta. SXO significa che tu stai scrivendo per l’utente e non per il motore di ricerca. Mitual Gandhi, co-fondatore di SEOClarity ha dichiarato in uno scambio di email con Templeman che “i motori di ricerca non scherzano quando si tratta di esperienza su desktop e dispositivi mobile”. Quindi se un utente finisce sul tuo sito è bene offrire ciò che sperava di trovare!
Quando passi dalla scrittura per il motore di ricerca alla scrittura per l’utente, i KPI (Key Performance Indicator) cambiano. Quindi cosa succede quando le persone arrivano sul suo sito? Per rispondere a questa domanda è necessario controllare la frequenza di rimbalzo del tuo sito, le pagine per visita, i tassi di ritorno dei visitatori, il tempo trascorso sul sito e le conversioni. Queste sono le misurazioni che ti illustrano l’esperienza dell’utente e il suo livello di coinvolgimento. Non ci si può concentrare su tutto contemporaneamente, ma non ti preoccupare è tutto ok, perché ogni attività è diversa, ma ti consiglio di dare importanza ad alcune di queste azioni e la musica cambierà.
Nel novembre 2015 Google ha rilasciato la versione più aggiornata delle sue linee guida per valutare la qualità delle ricerche (una guida di 160 pagine che ovviamente ruota intorno all’utente). I siti web vengono classificati in base alla competenza, all’autorevolezza e all’affidabilità. Ai valutatori, invece, viene chiesto anche di tenere in considerazione la funzionalità di progettazione della pagina, l’architettura del sito e, ovviamente, il contenuto. Si valuta poi quelle che sono le esigenze degli utenti di dispositivi mobile e infine la (suprema) scala di valutazione non è altro che una “linea guida per la valutazione del fabbisogno”. Questo significa che se il tuo sito non soddisfa le esigenze di utenti (che hanno MOLTE esigenze), allora la reputazione del tuo sito è a rischio.
L’utente prima di tutto
La SXO, l’ottimizzazione dell’esperienza di ricerca, è quindi la nuova SEO, indipendentemente da tutto e tutti, accettarlo o meno dipende soltanto da te. Non dimenticare però che la ricerca sta diventando sempre più mobile, molto più intuitiva, più ampia e personalizzata. Tratta l’utente come vorresti essere trattato tu, perché la buona esperienza sul tuo sito comporterà un loro ritorno, ma anche il buon vecchio passaparola (quando un estraneo parla bene dei tuoi servizi è sempre ottimo!).
Inizialmente l’utente non faceva altro che cercare un elenco di documenti, pagine web contenenti alcune parole chiave, mentre oggi gli utenti cercano di risolvere dei problemi, fare qualcosa, come prenotare un tavolo al ristorante, acquistare un libro su Amazon oppure comprare un volo su Ryanair. Tutte azioni che comportano un vero e proprio viaggio (Customer Journey). E con il passare del tempo la ricerca è andata a evolversi proprio per riuscire a comprendere al meglio quello che è l’intento dell’utente, in ogni fase del suo “viaggio”. Per questo motivo bisogna capire le persone, quali sono le loro necessità, analizzare i dati concreti ricavati, creare una strategia di contenuti definendo le tattiche e infine risolvere i problemi tecnici.
SEO & UX: intenti e obiettivi
La SEO è principalmente focalizzata su elementi esterni, sull’architettura di un sito web e cerca di indirizzare traffico verso il suo sito. La UX invece si concentra principalmente sul coinvolgimento dei clienti una volta che raggiungono il suo sito web, implementando un design che riduca al minimo la distrazione e possa quindi massimizzare le conversioni.
È inutile guidare il traffico verso il tuo sito a meno che il traffico non sia qualificato; allo stesso tempo, la progettazione del sito web è altrettanto inutile se non hai un traffico da convertire.
SXO: definizione
La SXO (che non è una brutta parola) e significa Search Experience Optimization è l’attività di ottimizzazione dei contenuti di un sito web o un’applicazione e delle loro fruibilità per attirare gli utenti e per fornirgli info pertinenti e rilevanti in base a quelle che sono le loro intenzioni, favorendone il coinvolgimento per raggiungere determinati obiettivi.
User Intent
In genere l’ottimizzazione dell’esperienza utente (UX) si concentra sull’ottimizzazione delle metriche di successo. Queste metriche si basano sulla conversione degli utenti in acquirenti, sulla raccolta di indirizzi email/dati (lead) e sulla generazione di visualizzazioni di pagine (awareness). Ma voglio ricordarti che queste sono le TUE metriche e sono i TUOI clienti, non quelli di Google. Con la SXO è però necessario concentrarsi sui clienti di Google cominciando dal bounce rate (frequenza di rimbalzo). Diminuendo la percentuale della frequenza di rimbalzo i tuoi utenti faranno più azioni in una sessione/pagina. Questo significa dire che l’utente è soddisfatto e permane sulla pagina o, ne visita altre.
Kill Search
Non sempre sul tuo sito arrivano i tuoi visitatori ideali e attraverso la Search Experience Optimization è possibile ottimizzare sia l’esperienza degli utenti ottenuti (quelli giunti anche per caso sul tuo sito), ma anche, e soprattutto, quelli che vuoi. La SXO permetterà quindi una migliore comprensione di tutti gli utenti e ti aiuterà a raggiungere gli obiettivi di business prefissati.
L’engagement di un visitatore comincia dall’intento di ricerca
A parte Panda e Penguin, nati nel lontano 2011 e 2012, Google si è evoluto tantissimo negli ultimi anni; la registrazione delle query degli utenti e l’interazione sono fondamentali per poter migliorare l’efficacia e l’efficienza della ricerca; il Google Hummingbird update (2013) si è concentrato sulla ricerca semantica e quella vocale; il Google Pigeon update (2014) riguarda invece la ricerca locale, modificando i risultati di ricerca in base alla geolocalizzazione dell’utente; RankBrain, introdotto da Google nel 2015, è una machine learning basata sull’intelligenza artificiale che possa aiutare a processare i risultati di ricerca migliori presenti in rete. Questo è riconosciuto da Google come il terzo più importante fattore di ranking in base al quale si valuta il comportamento dell’utente all’interno delle SERP attraverso il Revelance Feedback (RF). Il Mobilgeddon (2015) dà grande importanza alla navigazione mobile, spingendo i siti web ad avere un design responsive (lo so che ne hai fin sopra i capelli di questo termine!) per non “scomparire” dalle SERP nelle ricerche effettuati dai dispositivi mobile. L’aggiornamento è Mobile-friendly 2 (2016) e punta a incrementare la visibilità dei siti mobile friendly nei risultati di ricerca.
RankBrain
Perché sto parlando di lui? Perché si tratta del terzo elemento più importante dopo link e contenuti. Per poter migliorare la ricerca, infatti, la combinazione delle query degli utenti e l’interazione sono fondamentali. RankBrain è un sottosistema di algoritmi che Google usa nella fornitura di risultati di ricerca (SERP) e utilizza l’apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale per rispondere a tutte quelle domande che non sono mai state poste. In pratica il sistema incorpora la lingua parlata sottoforma di ricerche in modelli matematici che possano essere elaborati dal motore di ricerca. RankBrain inoltre va a integrare diversi algoritmi per categorizzare queste nuove ricerche, usando anche quella semantica, associando quindi semanticamente parole non familiari a entità linguistiche già note.
L’ultimo aggiornamento dell’algoritmo di Google risale ad agosto 2018, anticipato da un tweet del 12 marzo. Lo scopo dell’aggiornamento è quello di garantire un risultato delle ricerche premiando i tanto amati contenuti di qualità; l’obiettivo non cambia: fornire il miglior contenuto possibile a chi sta cercando quella determinata informazione. Il 1 agosto è poi stato pubblicato un nuovo annuncio e di conseguenza l’ultimo grande aggiornamento dell’algoritmo di Google ha fatto crollare migliaia di siti. Ti starai chiedendo perché? Ecco, per farla breve Google premia quei siti che forniscono informazioni affidabili, di qualità, di competenza e con fonti verificate.
Nello specifico Google offre due misurazioni, EAT e YMYL (non sono sigle prese a caso eh!), estremamente importanti per i professionisti del marketing che vogliono creare pagine nuove, e soprattutto migliori.
EAT: Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness
EAT sta quindi per Competenza, Autorevolezza e Affidabilità, e si stratta della metrica con cui i valutatori di Google classificano le pagine. Ovviamente più è di qualità la tua pagina più avrà un livello elevato di EAT. Come fare per avere un super punteggio? Ci sono delle linee guida, secondo la Sezione 4 della Parte 1 delle linee guida (le vuoi leggere proprio tutte? Eccole!). Innanzitutto il contenuto che produci dovrebbe essere sufficientemente ampio per soddisfare le esigenze dell’utente rispetto a un certo argomento. La pagina e il suo contenuto associato sono autorevoli e affidabili, inesorabilmente, nei confronti dell’argomento trattato. Il sito web deve contenere informazioni importanti quali “about us”, contatti o servizio clienti; inoltre deve avere dei contenuti supplementari che possano migliorare l’esperienza dell’utente. Per quanto riguarda l’interfaccia, la tua pagina dovrà essere progettata in modo funzionale, tutti devono essere in grado di individuare e ad accedere quindi alle informazioni desiderate. Infine, il tuo sito dovrà essere gestito e aggiornato regolarmente.
EAT ha quindi effetto diretto sia sul livello di qualità della pagina sia sulla sua reputazione in generale nel web. Google afferma che “websites need enough expertise to be authoritative and trustworthy on their topic” in pratica i siti web hanno bisogno di competenze sufficienti per essere autorevoli e affidabili su quello che è il loro argomento di punta.
Ovviamente “essere esperti” varia a seconda della tipologia e dello scopo della tua pagina: per esempio la consulenza medica di alto livello deve essere scritta da un medico accreditato per poter essere considerata “expert”; invece le info generali fornite sui forum di supporto medico possono essere considerate “expert” anche se scritte da qualcuno “estraneo” alla materia (il 90% delle ricerche è di natura medica, non fatta da esperti).
Insomma, alcuni argomenti richiedono intrinsecamente livelli di esperienza meno formali e, per tutte queste pagine, Google sta esaminando in maniera predominante, quanto sono utili e dettagliate le info fornite. Lo so che te lo stai chiedendo, e in effetti Google ha chiarito quale tipologia di siti dovrebbe essere scritta da esperti accreditati e qualificati:
- informazioni mediche,
- consulenza finanziaria,
- consigli o pagine informative su argomenti che possano avere impatti negativi sulla salute, sulla felicità o sulla ricchezza di una persona,
- pagine di hobby di “alta qualità”.
Con EAT “l’accordo è questo”: alcune pagine richiedono livelli più alti di esperienza formale, altri invece esperienza “quotidiana” e per determinare quale sia delle due la tua pagina, i creatori di contenuti e i professionisti di marketing devono pensare a quanta esperienza è necessaria alla pagina in questione per poter raggiungere il suo scopo e fornire quindi contenuti utili e dettagliati.
YMYL: Your Money Or Your Life (e questa non è una rapina!)
YMYL si tratta di una valutazione di qualità per contenuti online che richiedono il tuo denaro o la vita. In questo caso parliamo di pagine considerate importanti e che se fossero di bassa qualità, potrebbero avere un potenziale impatto negativo sulla vita, sul reddito o sulla felicità di una persona. Le pagine quindi che pretendono di essere scritte da esperti per queste ragioni sono conosciute come pagine YMYL. Qualche esempio?
- pagine di shopping o di transazioni finanziarie,
- pagine che offrono informazioni finanziarie (su investimenti o fiscali),
- pagine che offrono informazioni mediche su malattie, specifiche condizioni, sulla salute mentale,
- pagine che offrono informazioni legali su argomenti come assistenza ai figli, divorzio, testamento, cittadinanza,
- pagine che sono potenzialmente “pericolose o dannose” se possiedono livelli bassi di EAT.
Bisogna stare attenti con queste pagine, perché Google ha degli standard di valutazione estremamente elevati e, per quanto possa non piacere agli esperti del settore, questo sforzo (maestro Yogurt) permette di proteggere gli utenti da contenuti scadenti.
Conclusioni (finalmente)
L’obiettivo dei motori di ricerca è quindi quello di fornire una risposta super pertinente e super rilevante per l’utente e grazie alla machine learning è possibile apprendere quelle che sono le intenzioni degli utenti e, in base a questo, classificare i risultati delle loro ricerche (ranking). Gli utenti sono ormai sempre più esigenti e, inesorabilmente, lo standard della UE si è alzato tantissimo negli ultimi tempi. Con la SXO, e quindi conoscendo bene il tuo target, preparando contenuti all’altezza delle loro aspettative (ma anche delle tue!), dimostrando il tuo valore, la tua esperienza, la tua professionalità e far sì che tu possa essere considerato unico (troppo romantico?) tutto questo è possibile.