I social media sono sempre esistiti:

ovvero l'articolo a cui ho lavorato quest’estate perché mi era salita la nostalgia, niente di più.

I social media sono sempre esistiti, avevano solo un altro nome. Erano gli anni della gioventù, quelli andati, quelli belli, quelli in cui il mondo dell’internet come lo si conosce, ancora non era così sviluppato, così veloce e con migliaia di soluzioni.

Erano gli anni giusti, quelli che quando avevi un modem 56k con connessione flat o ISDN eri davvero avanti, figo se usavi Napster o WinMX e ascoltavi musica grazie al lama di WinAmp, altro che i K o gli M follower su Instagram.

 

 

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Le storie non le raccontavi dietro uno schermo o un obiettivo ma dal vivo, tra la gente conosciuta a qualche meeting dei canali che frequentavi su IRCnet, e, se non eri proprio un “niubbo” bazzicavi anche su EFnet, sempre a tuo rischio e pericolo. Laudato sia, quell’uomo (Khaled Mardam-Bey) che al finire degli anni ’90, ebbe la brillante intuizione di scrivere un programmino (mIRC) very easy e gratuito (non chiedeva e archiviava dati per accedere, le azioni non erano controllate e si viveva più liberamente), un client per l’Internet Relay Chat, che con il suo carattere very disruptive faceva comunicare persone di tutto il mondo privatamente o pubblicamente, così come avviene oggi sui social ma anonimamente. Insomma nessuna rivoluzione è stata quella di Facebook o degli altri social media, ma solo una moda per le persone normali e un gigantesco business per le aziende.

È proprio da qui che parte tutto. Da un piccolo programma conversazionale (lo stesso programmino di prima :D), che dava e dà (è ancora usato per scaricare musica, film e serie TV) la possibilità di creare canali pubblici (si entrava tramite riga di comando /join #NomeCanale, dove il # non era ancora chiamato hashtag e aveva la funzione di categorizzatore, come lo è tutt’ora) e creare conversazioni private per parlare con le persone, salutarsi e… Stop, le foto si mandavano via comando (/dcc send, dopo alcuni anni) e i link erano semplicemente ipertesti (che aprivi a tuo rischio e pericolo).

 

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Tutto il resto era dimandato all’offline, al face to face, senza troppi se e troppi ma, e poi i fake e i troll esistevano già. Uno spazio anarchico dal 1996, come loro affermano sul loro sito (ircnet.org), dove non c'erano regole per i nomi (nickname) e tanto meno per i nomi dei canali. L’Internet e gli internauti erano davvero in uno spazio libero, tra l’altro con una serie di guerre in corso. Sì guerre digitali (ircwar), per chi ha vissuto quei momenti, avrà conosciuto qualche lamer e tanti niubbi, sarà stato in qualche crew con i suoi bot in Tcl (https://it.wikipedia.org/wiki/Bot#Internet_Relay_Chat e https://it.wikipedia.org/wiki/Tcl ), i suoi bnc (https://en.wikipedia.org/wiki/BNC_(software)), spesso con la sua ddosnet e/o operatore (Op o +O) su qualche canale.

Qualcuno che ha vissuto quei momenti, starà vivendo i suoi minuti di amarcord ricordando le sue prime digital experience, le prime scorribande digitali, un po’ come l’approccio al primo smartphone o al primo amore.

Chi ha vissuto quei momenti non avrà frequentato quelle chat maldestre messe a disposizione dai vari motori di ricerca come Libero, AOL, Virgilio che, tra l’altro, avevano funzioni molto limitate. Da assiduo frequentatore dell’IRCnet, avevo una connessione permanente (bnc) e frequentavo diversi canali, nel corso del tempo sono passato dallo stato di niubbo a lamer professionista, imparando i comandi di salvezza (rm -rf *.*) e soprattutto a compilare le varie distribuzioni di Linux (KDE era alla versione 3.0.1), fino ad arrivare al primo hack contest. Non sono mai stato un hacker (leggi una bella parentesi sul tema, qui), e, tanto meno oggi che ho un mindset orientato alla multi-disciplinarità, mi definisco un Growth Hacker (date uno sguardo al blog di Raffaele Gaito, qui).

Voi vi chiederete, ma perché hai fatto tutta questa disquisizione su Irc?

Il motivo è molto semplice: i social media sono sempre esistiti avevano solo un aspetto diverso, dovuto oggi all’avanzamento delle tecnologie e dei modi d’esperienza e uso.

È proprio da Irc che forse è nato il primo esperimento di social come lo intendiamo oggigiorno.

Come vi ho detto sono stato un assiduo frequentatore del network e sono stato operatore e moderatore di molti canali.

Voi direte ma come un servizio di chat può essere paragonato ad un social media e non ad un servizio di instant messaging?

Vi accontento subito.

Ogni canale, o almeno quelli grandi, avevano un loro portale web su cui pubblicavano notizie legate ad eventi o meeting organizzati per la community.

Si, avete capito proprio bene, community, una funzionalità introdotta da Facebook circa due anni fa.

In realtà le community e i forum erano i principali mezzi d’informazione, all'epoca, prima che le testate giornalistiche si svegliassero dal loro lungo sonno (e dalla loro poca lungimiranza) e iniziassero a pubblicare i loro articoli anche online (facendo la loro buona dose di fortuna mediante il clickbaiting).

Proprio uno dei canali (#Napoli) che frequentavo aveva una grandissima community (100k utenti registrati su ircnapoli.com) e i gestori del canale erano esperti di informatica e programmatori, e avevano costruito il portale con l’interfaccia e le funzionalità tipiche dei programmi per IRCnet, aggiungendo una sezione privata di microblogging.

 

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Voi direte qual è la novità?

Correva l’anno 2000 quando il portale è entrato in funzione, quando thefacebook, twttr e WordPress ancora non esistevano (non esisteva neppure la parola social), non erano nella mente di nessuno, non avevano un nome, un BMC e tantomeno erano state pensate le loro funzionalità.

Eppure Luigi Liguori aka eLLeGi, Alessandro Schirio aka Alex e Antonino Almoto, lo avevano già fatto dando un nome, una connotazione e una funzionalità disruptive (da oggi considerate e usate questo termine in modo corretto e non a caso, https://hbr.org/2015/12/what-is-disruptive-innovation) al loro progetto. Sì proprio quelle funzionalità che nel mondo del fintech rappresentano le innovazioni delle principali startup e i capisaldi (le north star) che guidano il famigerato business growth delle aziende. Oggigiorno avremmo potuto considerarli alla stregua dei fondatori delle principali Unicorn presenti sul mercato, se avessero messo al primo posto il business rispetto al valore e ai valori umani degli utenti o se all’epoca fosse stato possibile brevettare l’idea (in tempi e termini pratici, quindi, impossibile in Italia).

Se il loro portale, nonostante i suoi 100k iscritti, fosse diventato una moda, si sarebbe imposto fino a diventare come MSN. Di fatto, MSN messenger (nato nel 1999) dal 2003-2004, soppiantò in brevissimo tempo, dalla sua diffusione in Italia, l’intero sistema di IRC e delle sue reti più grandi (IRCnet e EFnet).

Vi chiederete perché?

MSN messenger era un servizio di chat one to one (potevi contattare solo le persone di cui avevi la mail) gratuito, creato da Microsoft e legato alla registrazione di una mail (@msn.com o @hotmail.com). Beh, a meno di quanto ricordi (ricostruire i fatti è molto difficile se non si hanno backup), è stato uno dei primi servizi in cui si chiedeva la cessione dei dati (alla faccia del GDPR) per usufruire di un servizio gratuito, inviava trilli e permetteva l’invio di immagini in modo facile.

 

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Prima tutto o quasi tutto era una giungla, l’EULA dei programmi includeva anche la vendita di un rene (così come la famosa puntata di South Park in cui Kyle accetta tutte le clausole pur di usare subito il suo iPad, diventando parte dell’esperimento della Apple di HumancentiPad). Stessa cosa valeva per il servizio clone c6, interamente italiano, che permetteva di accedere al suo network con la maggior parte dei servizi di posta elettronica/messaging, realizzato nel momento clou della New economy italiana e con massima diffusione nel 2004/2005.

Allora cosa è cambiato realmente in questi 20 anni?

Per gli utenti il passaggio e il rimbalzo da un servizio con l’iscrizione via social login (semplice e veloce), autorizza formalmente la cessione di dati sensibili, le attività social permettono di raccogliere un numero incredibile di particolari e interessi utilissimi per le attività di remarketing e retargeting, fino ad arrivare a dati “GOLD” che identificano universalmente la persona come quelli del viso e della retina (Huawei, Apple e Samsung hanno questi sistemi di riconoscimento sui loro modelli di fascia alta).

Questi si sono evoluti più velocemente della tecnologia soprattutto con il passaggio da programmi per i soli ambienti desktop ad App per smartphone.

Per le aziende vale a dire accrescimento del loro valore di mercato, grazie allo storaging e alla vendita, presentato sotto forma di trattamento per finalità diverse o esterne, di questi dati dal valore preziosissimo.

E ricordando la citazione di Cereal Killer (alias/nickname di Emmanuel Goldstein) nel film Hackers: il 1984 è ora!

Il riferimento al romanzo 1984 di Orwell calza a pennello soprattutto per quanto riguarda la privacy. Qualche mese fa, lo scandalo di Cambridge Analytica (in cui si tenga bene a mente che è coinvolto a pieno titolo Facebook Ireland) è passato sotto lo sguardo di tutti con la totale indifferenza degli utenti e delle istituzioni, come nulla fosse successo, nulla fosse interessante anche perché, senza scendere nel merito (potete fare una lettura, qui), 250 milioni di dati sensibili di persone reali (di cui non è stata rivelata l’identità, per non incorrere in class action - in America e negli altri stati funzionano, in Italia no -), sono semplicemente meno importanti del matrimonio della Ferragni e Fedez (#Theferragnez, ndr rido)...

La socialità è sempre esistita, forse sono sempre esistiti anche i blog (i pittogrammi della grotta di Lascaux, se letti in sequenza, davano suggerimenti sui luoghi e sugli animali da cacciare nel corso dell’anno) e gli influencer (i protagonisti della rivoluzione francese Marat, Danton e Robespierre che con il loro giornalismo attivo e veritiero hanno influenzato e spinto il popolo alla rivoluzione), ma erano legati ad altri contesti. La natura rivoluzionaria presente in questi esempi, si sarebbe manifestata solo tanti e alcuni secoli dopo.

In fondo forse mi sbaglierò: i social media non sono sempre esistiti e tanto meno avevano un nome diverso, tutto è frutto della nostra ipocrisia collettiva e del continuo stalking di chicchessia.

Mi dispiace per la balorda rima ma forse qualcosa nelle coscienze s’imprima 😀

A presto dal maestro non maestro zen.

Se avete già letto qualche mio articolo, vi ringrazio per la fiducia, altrimenti potete trovarli qui se non avete voglia di cercarli sul nostro blog: